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Adrianopoli 378 d.C.: I “migranti” Goti sconfiggono l’Impero Romano

Il 9 agosto 378 d.C. l’esercito dell’imperatore Valente venne annientato dai Goti di Atanarico e Fritigerno nei pressi di Adrianopoli, l’attuale Edirne. Per Roma non fu solo una battaglia perduta, raccontata da un nuovo saggio di cui “Storia in Rete” di ottobre anticipa un capitolo, ma il giro di boa nel suo scontro coi barbari. Da quel momento in poi l’Impero li avrebbe ammessi sempre più numerosi all’interno delle sue frontiere provocando così la propria rovina [SiR]

Di Livio Zerbini da Storia in Rete n.120

All’alba del 9 agosto del 378 d.C. Flavio Valente, l’imperatore della parte orientale dell’Impero, usciva dalla città di Adrianopoli alla testa di un esercito di veterani: era determinato a distruggere una volta per tutte l’orda dei Goti che due anni prima aveva passato il Danubio cercando rifugio all’interno del territorio romano. Pressati dagli Unni e incalzati dagli Alani, i Goti – un intero popolo con donne e bambini e carriaggi – guidati da Fritigerno e Alavivo, nel 376 d.C. avevano chiesto asilo all’imperatore Valente, in quanto la loro tribù di Tervingi necessitava di terre e vettovaglie. L’Imperatore, che in quel momento era in guerra con i Persiani, non voleva aprire un altro fronte e i Goti potevano essere una buona fonte di reclutamento di nuovi soldati: in ragione di ciò venne accordato loro il permesso.Le grandi battaglie dell’esercito romano

Ammiano Marcellino descrive l’immane attraversamento del Danubio da parte dei Goti, fatto su barche, chiatte, zattere e mezzi di fortuna. La corrente impetuosa del fiume fece molte vittime. Una volta passato il fiume, i Goti furono preda della rapacità dei governanti della provincia Lupicino e Massimo, che fecero pagare a caro prezzo ai barbari ogni cibo e barattarono per delle carni avariate un gran numero di schiavi. Le terre non vennero concesse e – isolati nella Tracia, nelle mani degli esosi Romani – i Goti, cui non venne concesso per motivi di sicurezza il passaggio nelle regioni più a sud, non ebbero altra soluzione che il saccheggio e la guerra. […]

Liberatosi del nemico persiano, l’Imperatore radunò le legioni palatinae e gli auxilia palatina, tra cui il noto reggimento dei Cornuti, i reggimenti della guardia imperiale delle scholae palatinae (fanteria e cavalleria), la cavalleria comitatenses e alcune guarnigioni di limitanei e si diresse in Tracia. L’esercito romano era costituito complessivamente da circa quindicimila-ventimila soldati di provata esperienza. […] L’esercito dei Goti comprendeva le milizie gote della regione che avevano militato con i Romani. Il totale delle forze gote ammontava a circa ventimila uomini; i comandanti sul campo erano Atanarico e Fritigerno, dato che Alavivo era stato ucciso da Lupicino, che – fingendo di voler trattare con i capi della rivolta – aveva in realtà cercato di eliminarli.

Dopo una marcia di otto miglia, l’esercito romano giunse in vista dell’accampamento dei Goti, che era probabilmente posto su di un’altura a sud della località moderna di Muratçali, a 16 chilometri da Adrianopoli. Intorno alle due del pomeriggio i Romani si misero in movimento. Il lato destro della cavalleria stava in testa all’esercito, schermando le formazioni di fanteria che si stavano dispiegando nella loro usuale formazione in doppia fila; l’ala sinistra della cavalleria formava la retroguardia. I Goti avevano sistemato i numerosi carriaggi sul loro lato destro, allo scopo di bloccare ai Romani l’accesso dalla valle. Fritigerno, poiché buona parte dell’esercito goto era disperso a caccia nelle vicinanze, cercò di prendere tempo e negoziare; il suo intento era quello di richiamare al campo tutta la cavalleria di cui disponeva e di far stancare i soldati romani che marciavano sotto il sole di agosto.

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Dopo vani tentativi di negoziazione, le avanguardie dell’ala destra romana cominciarono a impegnare il nemico. Arcieri e scutarii, un corpo di cavalieri d’élite della guardia, sotto il comando di Cassio e Bacurio, attaccarono i Goti sul lato sinistro per trovare un punto debole nello schieramento nemico oppure forse, più semplicemente, intercettarono gruppi di nemici che stavano rinforzando l’esercito di Fritigerno. Fu uno scontro in cui vennero usate armi a distanza e all’inizio i Romani ebbero la meglio, ma poi i Goti sotto attacco ricevettero rinforzi e l’avanguardia imperiale iniziò a ripiegare; si trattò di un ripiegamento che assunse ben presto il carattere di una fuga precipitosa quando sulla cavalleria romana in fuga piombarono i cavalieri goti di Alateo e Safrace, sostenuti da contingenti alani. I Romani vennero così travolti. […]

Ammiano Marcellino, lo storico latino del IV secolo d.C. e il principale cronista della battaglia, descrive scene impressionanti: morti che, tagliati a metà dalle spade nemiche, rimanevano in piedi tra i soldati ancora vivi, provocando orrore e disperazione. Alla fine, assetati, appesantiti dalle loro armi e stretti da ogni parte, i Romani si diedero alla fuga. Nel frattempo però due legioni palatine, i mattiarii e i lanciarii, tenevano il terreno contro il nemico; tra di loro si era rifugiato l’imperatore Valente. L’Imperatore ordinò ai suoi generali di portare avanti le riserve, che però non erano più lì in quanto erano fuggite, come fecero anche i generali, lasciando Valente al suo destino.

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Due sono le versioni sulla fine dell’imperatore Valente: la prima è che venne colpito da una freccia e morì in mezzo ai suoi uomini e la seconda che, solo ferito dalla freccia, venne portato dai suoi soldati in una fattoria fortificata, dove i Romani si erano asserragliati, assediati dai Goti; non potendo forzare l’entrata, i barbari ammucchiarono paglia sulla casa, appiccando il fuoco e uccidendo in questo modo tutti i suoi occupanti, ad eccezione di uno che, saltando dalla finestra, riuscì a salvarsi, e – catturato dai Goti – raccontò loro come fosse morto l’Imperatore. Era la seconda volta, dopo Decio, che un Imperatore romano moriva combattendo una battaglia campale contro i barbari. Le conseguenze furono ancor più gravi. I Goti, dopo lo scontro, rinforzati da contingenti di disertori romani [in gran parte truppe barbariche arruolate NdR], tentarono vanamente di assediare Adrianopoli e Costantinopoli, ferocemente difese con successo dalle truppe imperiali. I Goti vennero sconfitti dal nuovo imperatore Teodosio I, ma la vittoria non impedì che nel 382 d.C. venisse concluso un trattato che permetteva loro di insediarsi come foederati in Tracia. Non era la prima volta che truppe germaniche venivano reclutate mediante un foedus, ma era la prima che un intero popolo germanico veniva insediato in territorio romano e lasciato come un’entità a sé dell’esercito, sotto il comando dei propri capi. Circa trent’anni dopo Adrianopoli, nel 410 d.C., Roma sarebbe stata saccheggiata dai Goti di Alarico. Iniziava così il lento e inesorabile declino dell’Impero unificato.

[per gentile concessione dell’editore Odoya]

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