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Storia, non storie

Apologie. Omaggio a Rosa Luxemburg, “Rosa della Libertà”

Chi mi conosce sa che da moltissimi anni non ho più manifestato posizioni di simpatia o di comprensione nei confronti della sinistra estrema. Oggi, con una solo apparente contraddizione, vorrei invece spendere qualche parola di affettuosa ammirazione nei confronti di una donna rivoluzionaria (nel senso etimologico del termine, cioè fautrice di un cambiamento radicale) che, nella sua passione politica e civile per una trasformazione in senso socialista della società, non cedette mai alle suggestioni per forme dittatoriali attraverso le quali promuovere quella trasformazione.

Parlo ovviamente di Rosa Luxemburg (Zamość, Polonia, 5 marzo 1871 – Berlino, 15 gennaio 1919), di cui questo anno ricorre il 150° della nascita. Ebrea polacca, perseguitata nel suo paese sotto il dominio zarista, emigrò prima in Svizzera e poi in Germania, prendendo la cittadinanza tedesca e partecipando al grande dibattito all’interno della socialdemocrazia contro le posizioni ‘revisioniste’ di Bernstein che privilegiavano le riforme escludendo un ordine sociale del tutto nuovo. Lo scoppio della Grande guerra la vide schierata con le minoranze di sinistra pacifiste contro quello che riteneva un ‘tradimento’ del movimento socialista, tedesco in particolare, che si era schierato a sostegno del governo entrato baldanzosamente nel conflitto. Il suo entusiasmo per la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia svanì molto presto, quando mise a fuoco che si era trattato di un colpo di Stato con l’obbiettivo di eliminare progressivamente gli istituti democratici creati nei mesi precedenti: la Duma (il parlamento) e i soviet. Capì subito che la cosiddetta ‘dittatura del proletariato’ era in realtà la dittatura di un partito e che i mezzi utilizzati non sono mai indifferenti rispetto al fine che si vuole raggiungere. “Senza suffragio universale, scriveva, consultazione popolare, libertà di stampa e di riunioni illimitate e libero dibattito delle idee, la vita in qualsiasi pubblica istituzione langue, diventa semplice apparenza, ogni iniziativa cade in balia della burocrazia”.

 Parole profetiche che le costarono le critiche dei bolscevichi e che cercò di tradurre in pratica con la creazione della Lega di Spartaco nella Germania stremata dalla sconfitta, impaurita per un dopoguerra di miseria e furore. Rosa era il perfetto capro espiatorio per le milizie di destra aizzate dalla socialdemocrazia ufficiale al governo e venne uccisa il 15 gennaio del 1919. Questa fine tragica ne ha fatto una martire, ma in un certo senso ha oscurato la sua originalità. Insomma, resta qualcosa di lei? Penso di sì. Resta l’esempio di una donna che non è rivendicatrice di un generico femminismo, ma la dimostrazione nella vita reale di un possibile cambiamento dei ruoli.

Ma resta soprattutto la sua lezione fondamentale di libertà: un vero vaccino contro ogni forma di totalitarismo. “La libertà scriveva, è sempre soltanto la libertà di chi pensa diversamente”. Un insegnamento che è servito a molti che erano immersi fino al collo e oltre nella teologia totalizzante del marx-leninismo comunista.   

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