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“Avvvenire” recensisce il nostro speciale sulla fine di Mussolini

copertina premiumMussolini ultimo atto non è solo il titolo di un film divulgativo di Carlo Lizzani. E’ una sorta di appuntamento ricorrente con l’araba fenice della vera morte del duce. Accertamenti sempre più minuti e sorprendenti portano infatti ad escludere con certezza che quella morte sia avvenuta come è stata raccontata. Questione cui oggi aggiunge importante materiale di riflessione il fascicolo speciale di “Storia in rete”, diretta da Fabio Andriola, dedicato a Gli ultimi giorni di Mussolini (aprile-giugno 2014, pp. 176, E. 9.50).

Di Paolo Simoncelli da Avvenire del 19 giugno 2014 

Un insieme di nuova documentazione e vecchi reportage giornalistici troppo presto dimenticati, svela plateali contraddizioni di quanto noto, introduce nuovi protagonisti e nuovi retroscena. Il fitto mistero della morte di Mussolini non avrebbe avuto alcuna motivazione di sussistere se, appunto, non fosse stato intricato da una serie di grossi problemi insorti nelle sue ultime ore di vita trascorse nell’alto Lario. L’attenta ricostruzione di Andriola porta a cogliere già nella sequenza della cattura di Mussolini nell’autocolonna tedesca a Musso, il 27 aprile, dubbi tali da far pensare ad una nascosta, sopraggiunta volontà di “consegna” del duce da parte del comandante delle SS in Italia Karl Wolff. Quando poi si diffondono le voci della cattura di Mussolini (data dall’“Avanti” già il 26) si scatena la caccia a lui e ai suoi documenti segreti da parte delle tante missioni militari già pronte da tempo tra il Garda e Como. In argomento, questo fascicolo speciale anticipa, grazie a Marino Viganò, una prima parte di importanti documenti statunitensi (oltre un migliaio di pagine) non provenienti dall’Oss, ma dal Counter Intelligence Corps (Cic); documenti raccolti a metà degli anni ’60, per supportare una storia ufficiale del Corpo durante la guerra.

Per le operazioni svolte in Italia, la parte politicamente più sensibile è quella riservata alla cattura di Mussolini su cui è redatto un lungo rapporto, continuamente aggiornato, dal titolo Dragnet for the Duce (Rete a strascico per il Duce). Dall’analisi di queste carte emergono nuovi protagonisti dediti alla caccia all’“hig-priority target”. L’obiettivo americano era indurre il duce, da trattare correttamente, a rivelare retroscena e segreti italiani e soprattutto tedeschi; ma anche processarlo subito, come criminale di guerra, ad ammonizione esemplare per Hitler e soci. Vennero fatti diversi tentativi di giungere a Mussolini (che a sua volta dal 19 aprile cercava questi contatti), che avrebbero dovuto concludersi col trasferimento del catturato a Brivio (punta di sud-est del lago di Como) a disposizione dell’“American police”. Si andò molto vicini all’obiettivo; le ipotesi sul perché non vi si giunse comprendono anche quella per cui, all’ultimo minuto, per controdine, non vi si volle giungere.

Ed eccoci allora a Dongo, con i gerarchi e Mussolini catturati separatamente, poi tenuti insieme nella sede del Municipio, poi di nuovo separati, con Mussolini e la Petacci che, nella fatale notte tra il 27 e il 28 aprile, finiscono a Bonzanigo nella casa dei coniugi De Maria. Da questo momento (sono le 2) fino alle 18.00 , ad esecuzioni avvenute e recupero di tutte le salme, si registra una clamorosa reticenza delle fonti; i testimoni che hanno tradito la consegna del silenzio sono stati ammazzati subito; altri hanno taciuto per paura, ma altri, come Aldo Lampredi, per disciplina di partito (comunista). La versione ufficiale tante volte fornita fra contraddizioni e implausibilità, dice del colonnello Valerio che alle 16.10 a Giulino di Mezzegra esegue la fucilazione di Mussolini e della Petacci (altre fonti ufficiali parlano di 10-20 minuti dopo); e che lo stesso colonnello Valerio alle 16.30 procede a Dongo alla fucilazione dei gerarchi. Ha ricordato Franco Bandini in una sua memorabile inchiesta del ’96, ripubblicata ora nel fascicolo speciale di “Storia in rete”, che per percorrere i 28 km tra i due paesi, lungo una strada stretta e interrotta da quattro posti di blocco, con i mezzi del tempo non sarebbero bastati 40 minuti.

Chi e quanti erano dunque i colonnelli Valerio che operavano in quella zona? Sempre Bandini ricordò la presenza in luogo di capi partigiani ben più importanti di Pier Bellini delle Stelle (che arrestò Mussolini, da cui, il mese prima, aveva avuto la liberazione della sorella e della fidanzata detenute a Milano); una presenza che non meritò le debite attenzioni. Di quei capi partigiani, uno (Giovanni Pesce) aveva come nome di copertura Magnoli: lo stesso di Walter Audisio; l’altro (Domenico Tomat) usava come nome di battaglia Silvio ma anche Valerio. Circostanze che confortano ulteriormente a non credere che il vero colonnello Valerio sia stato Walter Audisio (come sostenuto da una vulgata ormai tetragona) e dunque a revocare in dubbio che sia mai stato questi a fucilare Mussolini. Si ricomincia da capo?

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Gli ultimi giorni di Mussolini – Storia in Rete speciale

 

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