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Italia coloniale

Colonialismo “green”. Nella Tripolitania italiana 4,5 milioni di piante per bloccare la desertificazione

Nella Tripolitania italiana sul finire degli anni Venti esisteva una Sezione di Sperimentazione, sotto il controllo della Direzione dei Servizi Agrari, dalla quale dipendeva la Sezione Forestale; essa si occupava dell’imboschimento delle dune mobili e di quelle delle pendici del Gebel. Particolare importanza assumeva il problema forestale in Tripolitania, in quanto questa difettava assolutamente di patrimonio boschivo. Fin dai primi anni della sua attività l’Ufficio Agrario iniziò lo studio dell’importantissima questione; la quale era collegata alla necessità di rinsaldare le dune mobili per proteggere dall’invasione delle sabbie le colture, le strade, gli abitati.
I primi esperimenti risalivano al 1916; ma solamente nel 1923 si uscì dalla fase sperimentale per entrare in quella pratica, grazie all’adozione di un originale, semplice ed economico metodo di rimboschimento delle dune. La zona delle dune mobili nella quale fu iniziata l’opera di rimboschimento, era limitata a nord dal mare, ad est dall’uadi Ramla, a sud dalla steppa della Gefara e ad ovest dalla ferrovia Tripoli-Azizia. Le prove sperimentali ebbero luogo nella zona dunosa in contrada Sciara ben Asciur. I primi lavori ebbero lo scopo di difendere le principali vie di comunicazione dall’invasione delle sabbie e si svolsero quindi lungo le rotabili: Tripoli-Castel Benito, Tripoli-Homs, Tripoli-Suani Ben Adem-Azizia.
Negli anni successivi tali zone si sono andate a mano a mano ampliando fino ad un totale imboschimento tra il 1924 e il 1932 di 3.330 ha per i quali furono impiegate oltre 4.500.000 di piantine.
L’opera del rimboschimento del Gebel iniziò nell’annata 1924-25. Nel 1926-27 un notevole lavoro di sperimentazione fu compiuto a Bu Gheilan, ove era stato creato un piccola vivaio che poteva produrre sul posto le piante necessarie. Fu poi tentata la semina diretta di molte essenze forestali (elce, carruba, ginepro, acacia salìgna) e la piantagione di acero campestre; negundo, olmo, carpino, elce, frassino, pino d’Aleppo, pino da pinoli, acacia, cipresso e tuia. Nel 1929-30 l’opera di rimboschimento fu estesa anche nel Gebel Tarhuna, nei pressi della località del Scersciara.
Successivamente fu effettuato anche il rimboschimento delle colline circostanti alla località di Sciar Sciara, presso Tarhuna dove vi era la nota sorgente dell’uadi Ramla. Nel 1929 vennero messe a dimora, a cura del battaglione libico, circa 10.000 piantine; nel 1930, circa 22.000. Alla fine del 1930 venne istituito nella stessa località un vivaio, che all’epoca contava 25.000 piantine di acacie, euculiptus, ecc.

Testo estratto dal dossier “Romanamente – Come l’Italia fascista valorizzò i deserti in Africa” di A. Alpozzi, pagg. 7 e 8





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