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Ecco cosa dice la legge Fiano contro la propaganda fascista

Il 12 settembre la Camera dei Deputati ha approvato con 261 voti favorevoli, 122 contrari e 15 astenuti la proposta di legge “concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazi-fascista”, meglio nota come “legge Fiano” dal nome del deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano, primo firmatario della proposta. A votare contro il testo, che ora passerà al senato, sono stati Movimento Cinque Stelle, Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia e i verdiniani.
da TPI.it del 14 settembre 2017
Cosa dice la legge Fiano?
La proposta del deputato milanese vuole introdurre un nuovo articolo nel codice penale, il 293-bis, che punisce con la reclusione da sei mesi a due anni “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie”, specificando poi che il comportamento è punibile anche se commesso solo “attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità”. La pena, inoltre, può essere aumentata di un terzo se il reato dovesse avvenire attraverso strumenti telematici o informatici.
In altri termini, se la legge dovesse essere approvata diverrà illegale produrre e vendere beni di consumo raffiguranti Benito Mussolini, Adolf Hitler, fare il saluto romano e diffondere simboli o motti che possano essere collegati alla dittatura nazista in Germania e fascista in Italia.
Cosa dice l’attuale legge sull’apologia al fascismo?
Attualmente l’apologia al fascismo in Italia è punita dalla legge Scelba del 1952, completamente autonoma dalla legge Fiano e che, qualora quest’ultima venisse approvata definitivamente, rimarrebbe comunque in vigore così com’è.
Nella legge Scelba è punito chiunque “promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.
In altri termini, è proibita la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista, del Partito Fascista Repubblicano e del Partito Nazionalsocialista Tedesco.
Oltre a chi volesse ricostituire il dissolto partito fascista, la legge Scelba punisce anche chiunque fa propaganda o esalta pubblicamente esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, o le sue finalità antidemocratiche.
La legge Scelba, scritta sette anni dopo la fine del fascismo, metteva in forma di legge la dodicesima disposizione transitoria – una forma di legge nell’Italia a cavallo tra la guerra e la scrittura della costituzione -, in cui si proibiva la ricostituzione del partito fascista. Tale legge, inoltre, detta alcuni principi generali con l’obiettivo di evitare un ritorno del fascismo in Italia, mentre la legge Fiano andrebbe molto più nello specifico riguardo la diffusione e la vendita di immagini, prodotti e materiale riconducibile al nazismo e al fascismo.
Nel quadro normativo che comprende la legge Scelba e la Dodicesima disposizione transitoria, si inserisce anche la legge Mancino del 1993, che punisce i reati di odio e discriminazione razziale.
Una memoria che divide: alcuni esempi
A 72 anni dalla definitiva caduta del fascismo, ancora oggi quel periodo compreso tra il 1922 e il 1945 in cui in Italia ci fu la dittatura di Benito Mussolini continua a dividere e far discutere, soprattutto riguardo il lascito culturale e architettonico di quel periodo.
Negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, come quasi sempre succede negli anni immediatamente seguenti il crollo di una dittatura, numerose statue, opere d’arte e riferimenti fascisti vennero cancellati. In tutta Italia fu realizzata un’opera di cancellazione di tutti i nomi delle strade con chiari riferimenti fascisti, sostituendoli spesso con simboli del nuovo stato che stava nascendo.
Un esempio molto importante, dal momento che è emblematico di come si sia evoluto tale dibattito, è legato al Foro Italico. Quest’area di Roma, dove si concentrano alcune delle più importanti strutture sportive della città, venne costruita negli anni Trenta per volontà del regime fascista con il nome di Foro Mussolini.
Tale nome, al termine della Seconda Guerra Mondiale fu cambiato in Foro Italico, la scritta “Mussolini Dux” che campeggia sull’obelisco della zona venne provvisoriamente abrasa e numerose scritte del complesso monumentale che ricordavano date care alla patria durante il fascismo furono sostituite da date che ne ricordavano la caduta, come la caduta del regime. In un successivo restauro, tuttavia, la scritta Mussolini Dux venne resa di nuovo evidente per non alterare il valore storico della stele.
Nel 2015, però, la presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini ha proposto la cancellazione della scritta dall’obelisco. Due anni dopo Emanuele Fiano si è detto anche lui non contrario a questa possibilità, salvo poi chiarire che non ha alcun intenzione di voler far abradere tale iscrizione, la quale non costituirebbe reato qualora la legge da lui promossa fosse approvata.
Nel 2017, invece, il sindaco di Latina Damiano Coletta ha deciso di cambiare il nome di uno storico parco della città, da parco Arnaldo Mussolini, fratello minore di Benito, (nome che formalmente era stato rimosso nel 1943 ma veniva ancora abitualmente usato) a parco Falcone e Borsellino.
C’è poi un’altra questione. Molti dei simboli tipici del fascismo, come il fascio littorio o il saluto romano, fanno parte del patrimonio dell’Antica Roma e non sempre è semplice distinguere il loro utilizzo in chiave di apologia al fascismo.
In questo senso, il Consiglio di Stato ha stabilito nel 1994 che esporre il simbolo del fascio littorio, disgiunto da chiari riferimenti al fascismo, non è di per sé vietato.
Tale decisione è stata applicata ad esempio in diverse competizioni elettorali. Più volte la lista “Fascismo e Libertà”, il cui simbolo è un fascio littorio, ha cercato di concorrere alle elezioni ma è stata respinta dagli uffici competenti, salvo rimuovere poi la parola fascismo (e non il fascio littorio).
Per la stessa ragione, alle elezioni amministrative del 2017, in un comune del mantovano si è presentata – ottenendo un seggio in consiglio comunale – la lista “Fasci italiani del lavoro”, avente come simbolo un fascio littorio, su cui gli organi competenti non hanno posto alcun problema dal momento che non vi erano riferimenti al fascismo.

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