HomeStampa italiana 2Il Carteggio Mussolini Churchill: perché tanto livore contro?

Il Carteggio Mussolini Churchill: perché tanto livore contro?

Dell’epistolario con Churchill si parla da mezzo secolo senza averlo scovato. Franzinelli gli ha dedicato un saggio che svela tanti inganni, ma con toni spregiativi verso chi pensa che esista. Perché tanto livore? Lo storico Renzo De Felice aveva un’ipotesi favorevole…

di Paolo Simoncelli da Avvenire del 28 maggio 2015 LogoAvvenire

Il mitico carteggio Churchill-Mussolini continua a intricare. Di recente Mimmo Franzinelli gli ha dedicato un ampio volume teso a dimostrare non solo la falsità di quello conservato nell’Archivio De Gasperi, ma a ricostruire la rete di pataccari, editori creduloni, immancabili servizi segreti, coinvolgendo però anche giornalisti e ricercatori aventi congiuntamente l’intento di certificare indicibili rapporti mantenuti prima e durante la guerra tra i due statisti nemici. La discussione, indotta anche dal tono spregiativo di Franzinelli nei confronti di sostenitori di tesi opposte (perché mai?), si è quindi subito accesa.

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Fabio Andriola, tra i più noti ricercatori in materia, nel fascicolo di maggio di “Storia in rete” ricorda allora una genesi della vicenda del carteggio che già negli ultimi giorni di guerra annoverò tra i testimoni della sua esistenza, partigiani ed esponenti antifascisti. Poi tra i documenti insospettabili forniti dall’“Unità” il 25 gennaio ’96, curati da Vladimiro Settimelli, un anonimo rapporto partigiano coevo ai fatti, addirittura dava conto della differenza tra le carte sequestrate al duce (350, tra cui compariva un fascicolo intestato a Churchill) e quelle poi rimaste disponibili (72).

Sfumano così complotti seriori, senza contare la testimonianza di Massimo Caprara, secondo cui Togliatti (del quale fu segretario fino alla morte) aveva una copia del carteggio e Churchill ne era consapevole. Per giunta l’altro ieri sul blog di Dino Messina del “Corriere della sera”, un notevole intervento di Angelo Paratico indicava importanti e disattesi tasselli inglesi del puzzle del carteggio, utili per ricomporlo subito dopo esser stato smontato. La “conclusione” del resto non si addice alla ricerca (né alle chiacchiere).

Se insomma “quel” carteggio conservato nell’archivio degasperiano è da tempo notoriamente falso, non significa che altrove non ci possano essere documenti di vario genere, anche sensibili, sopravvissuti alla caccia o alla compravendita che venne fatta nei mesi seguenti la fine della guerra (Churchill nell’estate del ’45 per villeggiare non trovò luogo più adatto del lago di Como). Documenti che ogni Stato vincitore, da sempre, cerca subito negli archivi dei vinti. Poi semanticamente tutto viene risucchiato nei misteri fascinosi e oscuri dell’onnivoro “Carteggio”. E Wikipedia fa il resto: Franzinelli invita a leggere la voce “Carteggio Churchill-Mussolini”: ci si trova di tutto; ma non diversamente che alla voce “Foibe” o “Guerra civile” o “Via Rasella”. Sono siti che notoriamente rilanciano cori da stadio tra opposte tifoserie. Proviamo allora a tornare a ragionare senza stare in curva nord o sud. Perché tanto mistero, falsi plateali, verità oscure? De Felice, che aveva smascherato più d’una volta la falsità dell’ever greendei Diari del duce, credeva invece al carteggio. «Nella famosa borsa “difensiva” che aveva con sé al momento della cattura – scrisse nelRosso e nero – aveva raccolto non per caso, una scelta ragionata del suo carteggio con Winston Churchill» che avrebbe potuto riservare «qualche inedita sorpresa». Per questo De Felice aveva aggiunto che, a differenza degli americani che volevano il duce vivo per processarlo, gli inglesi lo volevano subito morto perché «avrebbe potuto creare loro dei grandi imbarazzi». Non stiamo parlando di De Toma, Camnasio (da cui, come ricordato da Franzinelli, dipende Petacco) eccetera. Infatti come Mussolini sia morto, dove, per mano di chi, ancora non sappiamo. Salvo che non morì come ha raccontato fra molteplici contraddizioni il giustiziere ufficiale, Walter Audisio. Delio Cantimori, nell’Introduzione al primo volume del Mussolini (1965), già faceva credito a De Felice di poter documentare quella morte diversamente da come era stata codificata nella indefettibile versione ufficiale. Da allora sono passati 50 anni; invano. Ma è difficile sottrarla al mistero del carteggio e dunque a qualcosa del suo contenuto che imponeva una verità ufficiale da difendere a qualunque costo.

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