HomeStampa italiana 2Il piano Fugu: colonizzare la Manciuria con gli ebrei

Il piano Fugu: colonizzare la Manciuria con gli ebrei

Il pesce palla in Giappone lo chiamano fugu: è una costosa leccornia che si gusta solo dopo che un cuoco specializzato gli ha tolto il veleno che si porta dentro, un veleno molto più potente del cianuro. Quel nome fu usato dai militari giapponesi prima della II Guerra Mondiale per un piano segreto che prevedeva l’evacuazione in Manciuria, da loro occupata, di tutti quegli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni dei nazisti. L’ingenua idea dei giapponesi era che questi si sarebbero portati dietro capitali e le conoscenze necessarie per farla fiorire. Questa storia dimenticata fu rispolverata da Marvin Tokayer e Mary Swartz in un libro pubblicato nel 1979 e ancor oggi in stampa “The Fugu Plan: The Untold Story of the Japanese and the Jews During World War.” Le loro ricerche si basarono sui pochi documenti sfuggiti alla distruzione bellica e su interviste fatte a dei superstiti. Null’altro di sostanziale è stato in seguito pubblicato su tale argomento.
di Angelo Paratico da LANOSTRASTORIA del 5 agosto 2016 La nostra storia
Non parleremo qui della bislacca teoria secondo la quale i giapponesi sarebbero una delle tribù perdute d’Israele, anche se in Giappone in certi ambienti gode d’un certo credito, vedendovi dei punti di contatto fra lo scintoismo e l’ebraismo. La storia dell’amicizia fra i due popoli ebbe inizio molto dopo, nel 1904, quando il presidente della Banca del Giappone, il barone Takahashi, si trovava a Londra alla disperata ricerca dei capitali necessari per finanziare l’esercito e la marina del proprio paese e contrastare la Russia zarista. Non gli era riuscito di racimolare un gran che e stava per tornare in Giappone a mani vuote. Ma una sera, mentre stava a cena, si sfogò con un signore anziano che gli sedeva accanto, dicendogli di aver pensato che il contenimento dell’orso zarista fosse un interesse comune anche alla Gran Bretagna, eppure nessuno gli dava retta. Il suo vicino era il finanziare ebraico Jacob Shriff che lo stette pazientemente a sentire sino a notte inoltrata. Alla fine i due uomini si salutarono e tornarono alle rispettive abitazioni. Il mattino successivo, di buonora, Shriff andò a bussare all’Ambasciata giapponese, dove il barone risiedeva e chiese udienza. Era profondamente addolorato per i continui pogrom contro la comunità ebraica promossi dallo Zar Nicola II, l’ultimo, quello di Kishinev del 19 e 20 aprile 1903, era stato particolarmente feroce. Per questo motivo aveva già telegrafato ai propri partner americani della Banca Kuhn & Loeb e questi avevano confermato che lo avrebbero finanziato. Il Giappone sconfisse la Russia e i giapponesi non dimenticarono la mano che gli ebrei gli avevano teso, Jacob Shriff fu dipinto dalla stampa nipponica come un eroe nazionale.
Anche in Giappone la grande depressione del 1929 provocò una forte crisi e fra le varie idee che furono avanzate per uscirne vi fu quella di sviluppare la Manciuria, che oggi fa parte della Cina, da loro considerata la propria terra promessa, essendo ricca in risorse naturali. Nel 1931 fu inaugurato dai giapponesi lo stato fantoccio del Manchukuo, con a capo Pu Yi, l’ultimo imperatore cinese. Fu allora che due colonnelli giapponesi, Ishihara e Tagaki, dopo aver constatato che i giapponesi non volevano emigrare in Manciuria e che i capitali per svilupparla mancavano, ebbero la brillante idea di proporre una sua colonizzazione ebraica, poiché a loro risultava che costoro non erano ben accetti in Europa. Nel 1934 il loro piano, che battezzarono Fugu, era pronto. Cercarono di coinvolgere una parte degli ebrei russi che già si erano stabiliti ad Harbin e tentarono di attirarne altri da Shanghai. Poi degli altri cominciarono ad arrivare dall’Europa. Nel 1935 la Germania nazista promulgò le leggi di Norimberga, privando gli ebrei tedeschi della cittadinanza e simili leggi furono introdotte da altri paesi sotto all’influenza germanica, come la Polonia, la Romania e l’Ungheria. Gli ebrei non ottennero aiuto da Roosevelt, né dagli altri statisti europei che si riunirono a Evian nel luglio 1938 e, d’altro canto, la Gran Bretagna fu fermissima nella sua opposizione al trasferimento di ebrei in Palestina. Una delle poche vie di fuga rimaste aperte furono i porti di Genova e di Trieste, da dove in migliaia si riversarono verso Oriente. Chi se lo poteva permettere fece uso del lussuoso transatlantico Conte Verde da diciassettemila tonnellate di stazza del Llyd Triestino, che finirà prima autoaffondato a Shanghai il 9 settembre 1943 e poi, ripescato dai giapponesi, verrà rimesso a galla e riutilizzato.
Molti fra questi ebrei arrivarono poi a Yokohama, Kobe, Vladivostok, Shanghai e in Manciuria, spesso con falsi visti concessi da Senpo Sugihara, morto nel 1986, una sorta di Giorgio Perlasca, che concesse migliaia di visti fasulli per la colonia olandese di Curaçao, che gli consentiva il transito in altri porti. Pur essendo alleato con la Germania nazista il Giappone non condivideva la loro idee razziali e si erano offesi quando i tedeschi proibirono le nozze fra un giovane console giapponese di stanza a Berlino e una donna tedesca, la notizia fu negativamente commentata dalla loro stampa. Quando in un tribunale militare giapponese chiesero a un rabbino: “Perché i nazisti vi odiano tanto, se siete innocenti?” quello rispose, dopo averci ben pensato: “Perché siamo degli asiatici.” Il tribunale li assolse.
Il piano Fugu non sfuggì all’attenzione dei vertici della SS che pervicacemente inviarono Josef Meisinger, il macellaio di Varsavia, a Shanghai per cercare di eliminare quanti più ebrei poteva e ostacolare il piano Fugu. Meiseinger cercò di convincere gli alleati giapponesi a caricare ventimila rifugiati ebrei su delle vecchie navi e poi colarle a picco in mezzo all’oceano. Uno dei rappresentanti giapponesi a Shanghai, Misugi Shibata, corse a informare i suoi amici ebrei, che misero in atto delle efficaci contromisure. Il piano Fugu non poteva funzionare e non funzionò, fu abbandonato dopo Pearl Harbour e infine dimenticato dopo la resa incondizionata del Giappone nel 1945.

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