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Storia, non storie

La strage all’aeroporto di Kabul e la legge del “cui prodest”?

Ancora i talebani? Ebbene sì, perché ogni giorno ci porta notizie nuove che impongono ulteriori riflessioni. La strage all’aeroporto di Kabul nei giorni frenetici dell’evacuazione ha colpito il mondo intero e in particolare gli Stati Uniti che vi hanno subìto le loro probabilmente ultime perdite in Afghanistan. Oltre ai 13 marines sono periti circa 170 afghani che cercavano di lasciare il Paese per il timore di ritorsioni da parte dei talebani, questi cosiddetti studenti coranici, in verità piuttosto attempati e fuori corso.

I morti erano quindi tutti nemici del nuovo regime, o perché soldati delle potenze che hanno occupato l’Afghanistan per vent’anni o perché afghani che avevano collaborato con gli occidentali o non gradivano il la minaccia integralista che stava per abbattersi sul Paese.

Qual è stato l’effetto della strage? Gettare ulteriore discredito sulla gestione dell’evacuazione da parte dell’America, accelerare lo sgombero degli intrusi e scoraggiare ulteriori partenze.

Insomma, chi ne ha tratto vantaggio? Direi gli stessi talebani. Ebbene, nei giorni scorsi si è saputo che il kamikaze che si è fatto esplodere davanti all’uscita controllata dai soldati americani era un militante dell’Isis (detto anche il sedicente stato islamico, campione nel terrorismo suicida), che era stato appena liberato dai talebani dalle prigioni, insieme a tanti altri detenuti oppositori del regime sostenuto dalle potenze occidentali e ingloriosamente crollato. Possiamo pensare che questa liberazione in massa organizzata dai talebani sia stata come una festa popolare della liberazione indiscriminata o piuttosto una selezione a ragion veduta? Propenderei per la seconda ipotesi.

E ancora. Possiamo pensare che un attacco suicida, che di solito richiede una lunga preparazione, sia stato organizzato in pochi giorni, o piuttosto che abbia avuto alle spalle una organizzazione strutturata e un progetto messo a punto da tempo? Anche in questo caso propenderei per la seconda ipotesi. I talebani hanno affermato che la responsabilità dell’attentato ricadeva sugli americani, perché era loro competenza la sorveglianza dell’uscita dove è avvenuta la strage. Già. Ma per arrivare a quella uscita bisognava superare dei posti di blocco controllati dai talebani, che credo siano abbastanza esperti per individuare un aspirante kamikaze.

In ogni caso traete voi lettori le conclusioni che vi sembrano più corrette. Tenendo presente un vecchio adagio dell’immarcescibile Divo Andreotti, secondo il quale “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.  

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