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Quando de Gaulle voleva Aosta, Imperia e Cuneo

Nella primavera del 1943 Charles de Gaulle salì su un aereo militare e lasciò Londra dove si era rifugiato dalla Francia occupata dai nazisti. I rapporti con Winston Churchill e il governo britannico erano diventati difficili e aveva preferito trasferirsi ad Algeri, in una colonia che si era ribellata al governo fantoccio di Pétain. È qui che maturò il “progetto italiano”: se e quando le sorti della guerra lo avessero consentito, sarebbe stato imperativo occupare militarmente la Valle d’Aosta, altri punti del versante orientale delle Alpi occidentali e possibilmente una parte della Liguria (da Ventimiglia ad Imperia) e delle valli piemontesi (comprese Torino, Ivrea e Cuneo), per poi annetterli. Come atto di giustizia per la pugnalata alla schiena (coup du poignard dans le dos) inferta il 10 giugno 1940 da Mussolini a una Francia vinta e in agonia.

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di Mario Avagliano da “Il Mattino” del 29 maggio 2011 

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Il tentativo del Général de Gaulle è ricostruito nel bel libro di Gino Nebiolo Soldati e spie (Cairoeditore, pagine 220, euro 14), che si avvale della documentazione inedita degli Archives Nationales parigini e degli archivi militari e diplomatici francesi. Il progetto francese proseguì nonostante l’armistizio con gli Alleati dell’8 settembre 1943 e l’entrata in guerra dell’Italia contro la Germania, con lo status di cobelligerante. In una conferenza stampa dell’aprile 1944 de Gaulle dichiarò senza mezzi termini: “Noi porteremo la nostra offensiva in territorio italiano” anche perché “lassù, nelle Alpi, io tengo molto a che le ostilità non finiscano su un confine mal tagliato. Prima che cessi il fuoco dobbiamo lavare su qule terreno gli oltraggi subiti”. Pur di realizzare questo disegno, il Général ostacolò in ogni modo la partecipazione dell’Italia alla guerra comune contro Hitler così come la collaborazione tra i partigiani francesi dei maquis e quelli italiani.

Il progetto di annessione si materializzò negli ultimi mesi di guerra, alla mezzanotte del 23 marzo 1945, quando le truppe francesi, guidate dal generale di corpo d’armata Paul-André Doyen, su esplicito ordine di de Gaulle (che raccomandò in un dispaccio riservato: “In alcun modo dovrà giungere all’orecchio degli Alleati lo scopo dell’organizzazione progettata”) avanzarono ben oltre il confine con l’Italia, provocando una grave crisi internazionale con Churchill e Roosevelt, che erano contrari alle pretese della Francia.
Nelle zone occupate i francesi inviarono le loro spie con un compito politico ben preciso: preparare il terreno favorevole all’annessione, influenzando le popolazioni, con comizi, riunioni segrete, volantini e manifesti con il tricolore di Francia. Stamparono e diffusero schede di voto di questo tenore: “Io sottoscritto dichiaro di optare per la Francia mia patria di origine e di accettare le sue leggi. Viva la Francia!”. Ma la reazione dei piemontesi, liguri e valdostani fu dappertutto negativa, con l’eccezione di Tenda, dove il sentimento francofilo era prevalente. L’ultimatum del nuovo presidente americano Truman pose termine ai piani francesi e all’occupazione militare.
L’ultimo atto di questa vicenda fu la conferenza di Parigi del 29 luglio 1946. Il presidente del consiglio Alcide De Gasperi, al momento del suo intervento, fu accolto da un silenzio di ghiaccio. Poi con un discorso di 45 minuti di grande dignità, spiegò di sentire “la responsabilità e il diritto di parlare come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica”, illustrando l’apporto dato dalla Resistenza italiana e dal Corpo di Liberazione militare alla guerra contro la Germania. Il Trattato di Pace venne firmato il 10 febbraio 1947. Alla Francia l’Italia cedette complessivamente 709 chilometri quadrati; in tutto, poco meno di 4500 abitanti. Il piano di de Gaulle era sostanzialmente fallito.
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Inserito su www.storiainrete.com il 30 maggio 2011

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