HomeXX secoloStalingrado 1943-2013. La Russia ricorda la sua battaglia più epica

Stalingrado 1943-2013. La Russia ricorda la sua battaglia più epica

Carycin prima, Stalingrado poi, Volgograd ora. La città russa nata nel 1589, che visse le dure devastazioni della Seconda guerra mondiale ma che tuttavia fu teatro della disfatta dell’esercito di Adolf Hitler nel 1943, tornerà a chiamarsi Stalingrado (Stalingrad in russo) il prossimo 2 febbraio, durante la celebrazione dei settant’anni dalla “disfatta dell’esercito tedesco”, così come è stato approvato dal Parlamento dell’Oblast’ di Volgograd, l’ente territoriale federale del quale la città è capitale.

di Stefano Maria Meconi da Wakeupnews del 1° febbraio 2013

In questo particolare appuntamento, tuttavia, non vi sarà risentimento e professione d’odio verso il popolo tedesco, tant’è che gli stessi organizzatori delle celebrazioni hanno chiesto all’orchestra della cittadina teutonica di Osnabruck di unirsi a quella di Volgograd, in un grande concerto a 150 elementi che intonerà le più grandi composizioni della musica europea, e in particolare la Nona sinfonia di Beethoven, nella quale è inserita l’Ode alla Gioia, adottata da molti anni ormai come inno dell’Unione Europea, e scritta dal compositore germanico in onore della pace e della fratellanza tra i popoli.
L’intento dei politici di Volgograd, nonché della Duma moscovita, è tuttavia quello di estendere gradualmente l’applicazione del nome Stalingrado, così come vorrebbe segretamente fare il presidente russo Vladimir Putin, sostenitore della memoria storica di Iosif Vissarionovic Dzugasvili, il georgiano Stalin che imperò sull’Unione Sovietica dal 1924 al 1952, dando il via ai Piani quinquennali, ai Gulag e alla gloriosa tradizione industriale sovietica.
Per ora, dunque, il nome potrà essere usato in via del tutto ufficiale solo durante le celebrazioni dei settant’anni dalla sconfitta tedesca, e in altre occasioni simili, ma in un clima di assoluto predominio politico e sociale delle forze fedeli a Putin, c’è da aspettarsi che qualsiasi decisione sostenuta dal nuovo Zar sarà resa legge in men che non si dica.

Se il ritorno di Stalingrado risveglia la nostalgia rossa

Nostalghia. Non c’è nessuno al mondo come il popolo russo, forse, che non abbia così radicato, nel cuore, quel sentimento malinconico che si prova nel rimpiangere cose e tempi ormai trascorsi o nel desiderare intensamente cose, luoghi e persone lontani.

di Luciano Gulli da Il Giornale del 1° febbraio 2013 il Giornale, ultime notizie

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Le pagine della musica, della letteratura sono lì a testimoniarlo. Ma non ci sono solo il placido Don, i boschi di betulle, i racconti di Gogol, la poesia di Puskin, le campagne incantate di Cechov e di Tolstoj e le sinfonie di Tchaikovsky. Nostalghia, a Mosca e dintorni, vuol dire anche orgoglio nazionale, il sentimento di partecipare a un viaggio collettivo straordinario e irripetibile dove eroismo, sacrificio, abnegazione segnano il destino e il valore di un popolo, nel bene e nel male, nelle sue pagine più splendide e in quelle più buie, ma dove il Male, alla fine, viene sempre sconfitto.

Non c’è vita senza nostalgia, «cioè senza memoria e senza lo struggimento dinanzi a una sconfitta…Esseri umani senza memoria non hanno un futuro: non possono nemmeno pensarlo», scrisse un comunista tutto d’un pezzo come l’oggi novantasettenne Pietro Ingrao. E chissà quanto sarà contento, un comunista duro e puro come lui, quando gli diranno che a Mosca progettano di ridare a Stalingrado il nome che le spetta: questo, appunto, e di toglierle quello, più scialbo ed esangue, di Volgograd. Cade il settantesimo anniversario della battaglia che segnò la fine della Germania nazista, e il nome della città eroica che tra l’estate del 1942 e il 2 febbraio 1943 fu al centro di spaventosi combattimenti torna a palpitare nel cuore dei russi, ai quali l’allure «imperiale» del duo Medvedev-Putin, alla fin fine, non dispiace affatto.

Questo non vuol dire che il vecchio nome di Stalingrado (come è stato per San Pietroburgo-Leningrado e Togliattigrad, che medita il ritorno a Stavropol) verrà definitivamente ripristinato, spiegano alla Duma. Per il momento vuol solo dire che il nome della città, legata alla memoria della Guida del partito e Grande Timoniere, Padre dei Popoli e Guida del proletariato mondiale, nonché Corifeo delle arti e delle scienze, al secolo Iosif Vissarionovic Dzugasvili, in arte Stalin; che il nome della città, si diceva, tornerà ad essere usato in occasione delle celebrazioni e delle ricorrenze più importanti. Poi, più avanti, si vedrà. Purché a nessuno venga in mente di ritirar fuori quelle sgradevoli storie di gulag ed eliminazioni sommarie, fame e torture che tingevano i giorni e le notti dei russi quando erano cittadini sovietici, e a uno come Fedja Scapov, un adolescente originario dell’Altaj (lo scrive Varlam Salamov ne «I racconti di Kolyma») poteva capitare di beccarsi 10 anni di Siberia per avere sgozzato la sola pecora che lui e la madre, vedova, possedevano. Erano gli stessi giorni in cui lo studente Savel’ev finiva nel gulag con l’accusa di cospirazione, dove la prova dell’«agitazione e propaganda» era data dalla corrispondenza con la propria fidanzata, mentre l’«organizzazione» -come era scritto con la massima serietà nei verbali degli interrogatori- contava due soli componenti: lui, appunto, e la sua fidanzata.

Per il 70mo anniversario della vittoria dell’Armata Rossa sulle truppe naziste, a Volgograd, a Chita e a San Pietroburgo circoleranno sabato cinque «Stalin-bus», pullman che porteranno per le strade il ritratto del dittatore sovietico. Ma non è che tutti siano contenti. Il capo del movimento filoccidentale Yabloko, Mitrokhin, ha detto che il suo partito non consentirà di circolare agli «Stalin-bus» e ha promesso che gli attivisti vi scarabocchieranno sopra. Le bombolette di vernice spray sono già pronte, e anche i reparti anti sommossa della polizia. Ma anche questo, in un certo senso, farà nostalghia.

Omaggio a Stalingrado nella musica su Youtube

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