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“Gridiamo tutti viva la bella Italia, viva la Grande Vittoria”

In occasione dell’anniversario della vittoria del 4 novembre, riproponiamo una lettera che un lettore (Giovanni Abbatecola) ci ha inviato nel 2010. Si tratta dell’ultima lettera scritta da suo nonno paterno dal teatro di guerra del Trentino. Anzi, come scrive il veterano di 43 mesi di guerra sergente Giuseppe Abbatecola, dal Trentino “non più zona di guerra”. Perchè questa lettera è l’ultima scritta in guerra, ma la prima scritta dopo la notizia della firma dell’Armistizio di Villa Glori, fra Italia e Austria-Ungheria, il 3 novembre 1918. Una lettera piena d’entusiasmo, di commozione e di giusto orgoglio per aver portato l’Italia («la bella Italia») alla vittoria dopo tanti mesi di sofferenze. Retorica? Propaganda? No. Questa lettera è la testimonianza genuina dello spirito del popolo semplice, quello che fa ancora errori d’ortografia perchè all’epoca si finiva presto d’andare a scuola, e spesso era proprio l’Esercito ad insegnare i rudimenti del leggere e scrivere ai tantissimi analfabeti. Abbatecola non è un ufficiale aristocratico proveniente dalle accademie o un complemento di estrazione borghese. E’ un uomo del popolo, che «tiene famiglia» e che la deve lasciare nelle retrovie, affidando moglie e tre figli piccoli alla cognata, in balia delle avversità e di «imboscati senza cuore» che si approfittarono di lui come di tanti altri coscritti al fronte. Il sergente Abbatecola esprime rancore verso costoro, parole che contribuiscono a spiegare moltissimo il clima degli avvenimenti politici e sociali dei mesi e degli anni immediatamente successivi alla guerra. Ma è soprattutto la gioia della pace ritrovata e conquistata che si fa tutt’uno con lo spirito patriottico, il desiderio di rivedere moglie e figli è continuo all’orgoglio di aver liberato l’Italia fino ai suoi estremi confini naturali. Il sergente Abbatecola chiude la lettera con parole che noi dobbiamo considerare rivolte non solo a sua moglie e ai suoi figli, ma a tutti gli italiani, che – d’altronde – sono figli della vittoria che lui e altri cinque milioni di soldati donarono al Paese: conservate questa lettera come memoria del 4 novembre: «una giornata scritta nei grandi libri e da festeggiare tutti gli anni». C’è più saggezza e speranza per il futuro in questa lettera di un uomo del popolo, che in tutti i libri scritti dagli ideologi da salotto dei novantadue anni successivi. (SiR)
Non più zona di guerra
5 novembre 1918
Teresina mia carissima,
ieri finalmente fu stato firmato l’armistizio. Tu non ciai [ci hai] mai creduto quando io lo mandavo addire [a dire] a te, adesso ci credi, è vero! Darmi risposta in proposito. Teresina carissima, dopo tre giorni di asprissima (asperrima) lotta abbiamo fiaccato il barbaro nemico dalle alte vette e balze del Trentino. Tutte le terre invase sono già state tutte riconquistate; il nemico incapace a resistere davanti all’italiani forti ha ripiegato dallo Stelvio al mare. A memoria del giorno memorando 3 novembre l’anno 1918 a ore 8 e tre quarti quasi sulle balze del Trentino abbiamo appreso la lieta notizia.
1° Sbarco delle nostre truppe a Trieste
2° Sbarco delle nostre truppe a Pola.
3° Nostre truppe entrate a Udine.
4° Presa di Rovereto e Trento.
Teresina è inutile considerare l’ebbrezza di noi martiri di questa orribile guerra. Finalmente già concluso l’armistizio di pace dopo tante sofferenze e lacrime per chi fu forzato a subirla. Io godo ottima salute. Iddio guarda te e i bambini e noi tutti e speriamo che il prossimo Santo Natale di farlo insieme in famiglia. Non tutto posso esprimermi di questi belli giorni fatali che dopo trascorsi 43 mesi di guerra siamo inteso di invocare la pace! Pace perpetua, pace desiderata da tutto il mondo. O! Che giornate ebbrezze [ebbre], tutti noi forti soldati gridiamo la grande Vittoria Italiana ‘che siamo [abbiamo] discacciato il barbaro nemico che voleva calpestarci; oggi ha [è] stato calpestato lui e la nostra bella bandiera dei tre colori sventola sul castello di Trieste e Trento e tutti gridiamo con cuore commosso viva l’Italia, viva Trieste e Trento italiano, viva Pola e più gridiamo ancora viva la Pace. Coraggio sempre Teresina, oramai la guerra è finita: noi risorgeremo e gli imboscati scapperanno altrove, specialmente chi non ha avuto cuore verso di me.
[…]
Baci forti forti ai nostri cari ed amati figli che si hanno levati [che sono cresciuti] senza amore di loro padre che dal primo giorno che fu dichiarata la guerra ho subito tutte le sorti della guerra; oggi possiamo ringraziare tutti i santi che cianno [ci hanno] liberati sin’oggi giorno di pace 4 novembre 1918 che sarà una giornata scritta nei grandi libri e da festeggiare tutti gli anni, e di pregare tutti i santi di guardarci ancora sempre per poterci divertire ancora della nostra contentezza e della nostra gioventù. Teresina gridiamo tutti viva la bella Italia, viva la Grande Vittoria […]
Giuseppe Abbatecola, buone notizie preme.
Sergente Giuseppe Abbatecola, comando Genio
1a Armata Ufficio Strade Sezione 1a Zona di Guerra
[…]
Gli imboscati che non hanno fatto la guerra possono cominciare a lontanarsi [ad allontanarsi] dai paesi, il loro posto adesso è nei boschi dove non si vedono più cristiani; se loro hanno avuto paura di fare la guerra, adesso non più possono dire che sono italiani; gli italiani possiamo dirlo noi che dal primo giorno che fu dichiarata la guerra siamo sempre difesa (abbiamo sempre difeso) la nostra bella Italia e discacciando sempre il barbaro nemico.
Conservare questa lettera che sarà la mia memoria del giorno 3 novembre 1918 e per memoria pure per i miei figli e voialtri tutti…
Sergente Giuseppe Abbatecola

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Questa lettera è stata pubblicata su “Storia in Rete” n. 56

Inserito su www.storiainrete.com il 4 novembre 2011 – 93° anniversario della Vittoria

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