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La pazzia di rendere “pendolare” l’Archivio Centrale dello Stato

Su diversi siti e testate è apparso l’annuncio che l’Archivio Centrale dello Stato, per bocca del suo Sovrintendente, Agostino Attanasio, si appresta a spostare gran parte del suo patrimonio archivistico in un deposito affittato a Pomezia.

di Aldo G. Ricci per Storia in Rete, 30 agosto 2014

Si tratta di un problema di grande rilievo culturale, storico e politico, in quanto l’ACS, nella attuale sede monumentale dell’EUR, composta da un corpo centrale e da una delle due ali laterali, conserva la documentazione dello Stato italiano dall’Unità ai giorni nostri in oltre 120 Km di scaffalature. Un problema che mi appassiona non solo come cittadino e studioso, ma anche per aver lavorato in quell’istituto per tutta la vita e averlo diretto per cinque anni, dal 2004 al 2009.

Sia per diminuire gli oneri dell’affitto (5 milioni annui ad EUR spa, di proprietà al 90% del ministero dell’Economia per il 10 % di Roma Capitale) sia per le difficoltà ad adeguare i depositi agli standard ottimali per la conservazione della documentazione archivistica, Attanasio, facendo proprio un progetto del ministero, propone (ma in realtà la decisione sembra già presa) che l’ACS liberi l’ala laterale (in tutto o in parte ) trasferendo la documentazione presso un deposito in affitto a Pomezia (dove peraltro è già stata allocata documentazione dell’Istituto precedentemente conservata in un deposito nei pressi dell’Istituto stesso) e utilizzando un sistema di navette per portare nella sala di studio quanto richiesto dai ricercatori. I locali dell’ala laterale così liberati dovrebbero essere occupati dall’Ufficio centrale per i beni archivistici e dal Museo per l’Arte Orientale.

La proposta di dividere il patrimonio archivistico dell’Istituto spostando una parte rilevante in un deposito a 40 Km pone diversi problemi. Un problema teorico, in quanto si tratta di serie archivistiche delle amministrazioni centrali dello Stato, con un forte grado di interconnessione. Un problema di sicurezza: la documentazione è demanio statale la cui conservazione è per legge affidata agli archivi di Stato. Un problema pratico perché se già oggi si è dovuto ridurre il numero di buste consegnate ai ricercatori per mancanza di personale, la consultazione diventerà ancora più difficile affidata a un sistema di navette. Chi frequenta la via Pontina può facilmente immaginare i tempi di consegna, senza poi considerare lo stress a cui sarebbero sottoposti i documenti in questo pendolarismo e i rischi di dispersione. La soluzione viene poi presentata come provvisoria, ma chi vive in questo Paese sa che in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio.

L’operazione proposta, oltre agli inconvenienti citati, non è peraltro indolore sul piano economico: i costi di smobilitazione di decine di migliaia di buste archivistiche, quelli dell’affitto di nuovi depositi esterni e infine quelli del servizio navetta per portare i documenti collocati a Pomezia in consultazione presso la sede dell’EUR. Senza contare i costi per una completa ristrutturazione dell’ala laterale per ospitare l’Ufficio centrale beni archivistici (limitati) e il Museo per l’Arte Orientale (sicuramente assai elevati). Ritengo a questo proposito che si possa riflettere su soluzioni diverse. Anzitutto quella più naturale: aggiornare i progetti già messi a punto in passato per l’adeguamento dei locali dell’edificio laterale alle esigenze della conservazione del materiale archivistico, tenendo presente che una parte di questi locali è già stata rimodernata in passato con costi tutto sommato contenuti e risultati soddisfacenti. Comparando i costi delle diverse opzioni, mi sembra ancora la soluzione più praticabile.

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In alternativa, ma qui siamo nel campo dei progetti a lungo termine, di grande impegno, politico ed economico, pensare a una nuova sede per gli Archivi (sull’esempio di quanto è stato fatto in Francia) dove riunire, perché no, l’ACS, l’Archivio di Stato di Roma e gli uffici della Direzione generale. Una sede costruita ex novo con i criteri propri dell’edilizia per gli archivi, o la ristrutturazione delle famose e sempre citate caserme o ancora la trasformazione in una Città della Cultura di quella cattedrale nel deserto che è l’immenso complesso del Forlanini, dal futuro quanto mai incerto. Tanto per fare un esempio.

Restando con i piedi per terra, credo che la prima soluzione sia quella più praticabile, per non dire quasi obbligata. Parafrasando una formula sacra, direi: la politica non divida quello che è stato creato per stare insieme, vale a dire la documentazione dello Stato unitario. E’ un tema importante e discriminante. L’Archivio Centrale dello Stato, o archivio della Nazione o nazionale, come qualcuno avrebbe voluto chiamarlo, oltre a essere il custode della memoria storica del Paese, è anche un simbolo, da trattare con tutto il rispetto che la sua natura richiede. E’ un tema sul quale, come ho già detto, sarebbe opportuno che si aprisse una riflessione e un confronto i più ampi possibili, tenendo presente che il risparmio, spesso solo apparente (e in questo caso tutto da verificare nel dettaglio delle varie voci di spesa sopra citate), non sempre alla lunga si rivela la soluzione migliore, perfino sotto il profilo economico, oltre che sotto quello culturale.

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