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Arriva «Shades of Truth». Il film su Pio XII il 2 marzo in Vaticano

Il 2 marzo, anniversario di elezione e nascita di Pio XII, sarà proiettato in Vaticano il film “Shades of Truth”, “Sfumature di verità”. Saranno presenti giornalisti, prelati, cardinali. Vedranno in anteprima un’opera che poi sarà a Cannes e uscirà in aprile in 335 sale italiane e in 280 francesi, in Belgio, Germania, Usa, Argentina, Brasile, Australia, Spagna e Portogallo. Vi sono già richieste televisive. Parla degli ebrei salvati da papa Pacelli. Incontriamo Liana Marabini, la regista. Le rivolgiamo qualche domanda.

di Armando Torno dal Sole24ore del 24 febbraio 2015 

Come è nato il film?
Dieci anni fa conobbi un anziano signore che da poco abitava vicino alla mia casa di vacanza nel Sud della Francia. Era ebreo e quando mi invitò da lui vidi su una mensola una foto di Pio XII con un lumicino (elettrico) accanto. Incuriosita, gli chiesi perché teneva quell’immagine e lui mi rispose semplicemente che era quella dell’uomo al quale doveva la vita. Durante l’estate vennero amici a trovarlo e me li presentò. Le loro storie erano incredibili, cominciai a scriverle. Avevano in comune Pio XII e la sua azione a favore dei loro nonni o genitori. Nacque così, circa sei anni fa, l’idea del film.

Accadde altro?
Poco tempo dopo, a ricerca avviata, incontrai Gary Krupp, ebreo di New York, che aveva avuto un percorso differente: all’inizio era ostile a Pio XII. Poi cambiò idea affermando che quel pontefice andava “riabilitato”. Papa Pacelli diventò così uno dei soggetti di cui la fondazione creata da Gary Krupp, Pave the Way Foundation, si occupa continuamente, acquisendo documenti e testimonianze. Tutto materiale che mi è stato generosamente messo a disposizione. Mi sono ispirata alla storia di Gary Krupp per creare il protagonista del mio film.

Perché la locandina raffigura Pio XII con la Stella di David?
È un sogno che il protagonista fa verso la fine del suo cammino di redenzione, dopo avere intrapreso un’indagine per la rivista su cui scrive. L’azione si svolge ai giorni nostri, il protagonista è David Milano, giornalista di successo, ebreo di origine italiana. Convinto che Pio XII fosse colluso con i nazisti, e odiandolo per questo, si trova, per puro caso, a vedere un programma televisivo dove un noto ebreo newyorkese (Gary Krupp) parla dell’aiuto che Pacelli diede ai suoi fratelli di fede. Si narra anche dell’infanzia di Pacelli, della sua vicinanza agli ebrei e dell’amicizia con Guido Mendes. David non conosceva questi dettagli, si incuriosisce, senza per questo cambiare idea. Poi il suo editore lo incarica di scrivere un articolo su Pio XII, e la sua fidanzata lo lascia, contrariata dall’ostilità che esprime verso Papa Pacelli. E così David capisce che deve andare in fondo e comincia il suo viaggio, che lo porta dal Vaticano a Berlino, dalla Terra Santa al Portogallo e in altri luoghi. Man mano avanza l’indagine, comincia ad ammirare Pio XII. Alla fine farà un’esperienza sconvolgente, ultimo tassello del puzzle della sua ricerca.

Quale?
Non entro nei dettagli ma le dirò che lo sogna, e in quella rappresentazione onirica lo vede con la stella di Davide cucita sulla veste candida. È un’immagine forte. Anche la troupe si è commossa mentre abbiamo girato la scena. Allora, ho deciso che sarebbe stata il simbolo del film: essenziale ed eloquente. E poi, toccava una corda sensibile in me: ricordiamoci che durante l’occupazione nazista in Danimarca, allorché i tedeschi imposero agli ebrei di portare la stella gialla, tutti i danesi se la sono cucita sui vestiti. Io sono nata dopo, ma se fossi vissuta allora, avrei fatto la stessa cosa.

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Le riprese, gli attori?
Sono cominciate a New York e finite in Europa. Il cast è internazionale: ricordo David Wall, Christopher Lambert, Remo Girone, Gedeon Burkhard, Giancarlo Giannini, Marie-Christine Barrault, Victoria Zinny, Maria Pia Ruspoli e la giovane Jennifer Mischiati.

I dubbi su Pio XII?
Con il mio film spero di recare un contributo positivo e alimentare un dibattito per meglio intendere l’opera di un grande Pontefice. Aggiungo che lo storico dell’Olocausto, Sir Martin Gilbert, da poco scomparso, è stato, attraverso i suoi scritti, uno dei miei mentori. Lui ha avuto il coraggio di non allinearsi al pensiero banale e comune che vuole considerare Pio XII “il Papa di Hitler”. Sir Gilbert, ebreo lui stesso, ha dimostrato, con meticolosa precisione, che l’affermazione è falsa.

Ha scoperto qualcosa rispetto a quanto già pubblicato, a favore della tesi che Pio XII aiutò gli ebrei?
Sono convinta che sia sufficiente avere la pazienza e l’onestà intellettuale di leggere quanto già esiste per far cambiare idea ai detrattori più incalliti. Il film non ha la pretesa di fare scoop, ma di offrire una chiave di lettura, di aprire finestre su un mondo che era quello di Pacelli, di rendere accessibile, a grandi linee, l’ammirevole azione di questo grande Pontefice.

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