HomeMedio EvoAl Museo del Medioevo di Parigi in esposizione le spade

Al Museo del Medioevo di Parigi in esposizione le spade

Che perfino la monarchia inglese sia cambiata lo si è capito quando William ed Henry sono andati all’altare in uniforme ma lasciando a casa la spada. I loro antenati medievali senza spada al fianco non sarebbero andati nemmeno a prendere un tè (che peraltro ancora non c’era).

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di Alberto Mattioli dalla Stampa del 14 maggio 2011 

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O almeno è quello che si evince da una bella mostra dedicata dal Musèe National du Moyen Age di Parigi appunto a “L’èpèe”, la spada. Sottotitolo: usi, miti e simboli. Perchè la spada non è solo un oggetto, peraltro semplicissimo e, come molti oggetti semplici, funzionale, efficace e, in pratica, non migliorabile. La spada è anche leggenda, storia, mito. E pure arte. Del resto, non c’è bisogno delle disquisizioni degli specialisti per rifarsi gli occhi con alcuni degli oggetti esposti, capolavori non solo di metallurgia ma anche di oreficeria. E, come al solito quando si parla di bellezza, compare il made in Italy. La più bella della mostra, diciamo la miss spada, è quella di un Duca di Milano del XV secolo: non è dato sapere di quale signore si tratti, ma l’araldica incisa sulla lama è inequivocabile. Poi, naturalmente, c’è la spada come arma, da usare contro altri bipedi o contro degli sventurati animali. E allora, nella versione da caccia, la caccia si incrocia con la lancia, come nel curioso spiedo appartenuto, pare, al mitico Roi Renè d’Angiò, tuttora popolarissimo da quelle parti.

Sul combattimento fra umani risultano smentiti i classici di Hollywood, con quei bei duelli che durano venti minuti e finiscono solo quando il malvagio precipita dalla torre. Stando ai manuali medievali e rinascimentali, si preferiva invece andare al sodo e ammazzare in fretta e bene, anche se poi, com’è noto, le battaglie dell’epoca erano quasi incruente perchè tutti cercavano di catturare piuttosto che di uccidere, almeno nel caso di prigionieri solvibili. Curioso poi l’esperimento dell’Università di Ginevra, che ha fatto indossare l’armatura a due disgraziati e li ha filmati mentre corrono, salgono scale e fanno capriole per dimostrare che si muovono con inaspettata agilità, smentendo l’altro luogo comune che i cavalieri corazzati fossero più immobili delle sardine nella loro latta. Però, si diceva, c’è spada e spada. E alcune assurgono all’immortalità leggendaria o letteraria. Come Joyeuse, la spada presunta di Carlomagno, immancabile al fianco di ogni re di Francia (qui c’è Luigi XIV) in ogni ritratto ufficiale. O la spada attribuita a San Maurizio, diventata uno dei simboli dei Savoia e tuttora conservata a Torino. E poi, certo, la Durlindana di Rolando, infissa nella roccia in un muro della chiesa di Rocamadour, vicino a Roncisvalle, e tuttora venerata dalle donne incinte: ma purtroppo quella che si vede oggi è una cattiva copia, perchè nel Settecento il principe di Condè obbligò i canonici a vendergli l’originale. E poi: trattati di scherma, spade-giocattolo, spade per bambini, una spada da donna (trovata nella tomba di una capessa vichinga in Scandinavia), spade di giustizia a uso del boia (solo per nobili, per gli altri c’era l’accetta) e spade simbolo della giustizia, perchè la spada è bipartisan, taglia da entrambe le parti. Dunque, seguendo l’esempio di Salomone, il Re rende giustizia portando una spada. Insomma, manca solo Excalibur.

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Finchè non si arriva al passato prossimo quasi presente. Al povero Dreyfus degradato viene spezzata la spada, come da celebre copertina del “Petit Journal”. In Francia, l’ultimo duello alla spada, fra due deputati nostalgici, avviene nel 67, fermato – purtroppo – al secondo sangue. Ma, maliziosamente, in mostra c’è anche la scintillante spada regalata negli Anni Ottanta dal presidente siriano Hassad, padre dell’attuale e non meno dittatore, a quello francese Mitterrand. E si scopre che tuttora, nel cantone svizzero dell’Appenzell, nei giorni di votazione i maschi adulti si presentano in piazza portando uno spadino, simbolo di cittadinanza. Certo, siamo lontani dai tempi di Roland che, prima di morire nell’omonima Chanson, cerca di spezzare Durandal, non ci riesce perchè la spada, a differenza sua, è immortale e allora la saluta “avec tendresse”: “Eh, Durandal, comme tu es belle et si sainte!”. Con tutto il rispetto, altro che William…

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Inserito su www.storiainrete.com il 22 maggio 2011

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