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Jack lo Squartatore? La Cornwell: “fu una copertura della Corona”

OMICIDIO DI JACK LO SQUARTATORESono passati 125 anni da quando Jack the Ripper uccise e sventrò cinque prostitute nell’allora malfamato quartiere di Whitechapel a Londra. Dall’autunno del 1888 a oggi, più di cento persone sono state sospettate di essere lo Squartatore. La scrittrice di gialli americana Patricia Cornwell è però sicura di avere trovato la soluzione: Jack the Ripper era un membro dell’alta società britannica e uno dei pittori più apprezzati dell’epoca: Walter Sickert.

Vittorio Sabadin da la Stampa del 1 dicembre 2013

La Cornwell aveva già sostenuto questa tesi nel suo libro del 2002 «Ritratto di un assassino», ma era stata sommersa di critiche e sberleffi. Sickert e gli omicidi di Whitechapel sono però diventati la sua ossessione: negli ultimi 11 anni ha svolto ricerche e speso migliaia di dollari per confermare la sua tesi. Ora afferma di avere trovato prove decisive sulle responsabilità del pittore, che rilanciano anche l’ipotesi di un complotto ordito dalla famiglia reale britannica.

Per le sue indagini, la scrittrice si è avvalsa dell’aiuto di un ex detective di Scotland Yard, John Grieve, ed è riuscita ad avere accesso alle lettere inviate dall’assassino alla polizia, custodite negli Archivi Nazionali di Kew. Centinaia di mitomani scrissero lettere in occasione dei delitti, e solo quattro sono attribuite con sicurezza allo Squartatore. Hanno acquisito un nome derivato dal loro contenuto: «Dear Boss», «Suicy Jacky», «From Hell» e «Openshaw».

L’ultima lettera è quella sulla quale si è concentrata l’attenzione della Cornwell. Era stata inviata al dottor Openshaw, che eseguì un esame autoptico su un pezzo di rene che era stato inviato da The Ripper con la lettera «From Hell». Lo Squartatore si complimentava per avere identificato il reperto come umano, attribuendolo a una delle vittime, Catherine Eddowes.

La lettera, ha scoperto la Cornwell, era stata scritta in modo volutamente sgrammaticato su una carta particolare, che aveva la stessa, rara filigrana della carta da lettere usata per la sua corrispondenza da Walter Sickert. Ovviamente, acquistare carta da lettere nello stesso negozio dove si serve un assassino non è una prova di colpevolezza. Ma la scrittrice americana è andata oltre, riuscendo a prelevare tracce di Dna dal francobollo della lettera e a confrontarlo con quello del pittore: la corrispondenza sarebbe innegabile, come leggeremo nel suo prossimo libro.

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Sickert era nato nel 1860 a Monaco di Baviera da padre tedesco e madre irlandese. Trasferitosi a Londra, era diventato uno dei più apprezzati pittori dell’epoca. La sua tecnica particolare ha ispirato Lucian Freud e Francis Bacon, e persino Winston Churchill si fece fare un ritratto da lui. Tra i suoi dipinti, c’è una piccola serie che la Cornwell considera sospetta: i delitti di Cadmen Town, che raffigurano donne nude, senza vita nel letto con l’assassino al fianco. Per non parlare della «Camera di Jack The Ripper», che Sickert dipinse dopo avere dormito in una stanza nella quale, secondo la proprietaria, aveva trascorso la notte anche lo Squartatore. La Cornwell ha acquistato 30 dipinti di Sickert e alcuni storici dell’arte la accusano di averne distrutto almeno uno, per rilevare le tracce di Dna che le servivano per il confronto con quelle della lettera.

Il legame con la famiglia reale sarebbe dovuto alla vecchia storia secondo la quale il principe Albert Victor, nipote di Vittoria e figlio del futuro Edoardo VII, aveva avuto un’erede illegittima da una commessa di Whitechapel. Bisognava dunque eliminare le persone che ne erano a conoscenza, simulando efferati delitti. William Gull, chirurgo personale di Vittoria e medico della famiglia Sickert, sarebbe stato il complice del pittore nel compiere gli omicidi.

Chissà se questa ennesima ricostruzione è vera. A Whitechapel esiste ancora il pub dove Annie Chapman bevve il suo ultimo bicchiere di gin prima di essere uccisa dallo Squartatore. È rimasto come allora, e si prova ancora un brivido nel farsi servire qualcosa su quel vecchio bancone. Il mito di questa storia è nel suo perdurante mistero. Sarebbe davvero un peccato risolverlo.

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