HomeLuci rosse e rosaJFK. Jackie, Marilyn e le altre. Il fascino di un traditore

JFK. Jackie, Marilyn e le altre. Il fascino di un traditore

«Non chiedetevi che cosa il Paese può fare per voi, ma che cosa potete fare voi per il Paese». Ero una ragazza quando sentii pronunciare queste parole da un politico americano la cui immagine, trasmessa dalla tv in bianco e nero, era quella di un tipo bello, atletico, dotato di occhi ridenti e classe da vendere, che stava per diventare presidente degli Stati Uniti. Si chiamava John Fitzgerald Kennedy. E fu amore a prima vista. Vinse le elezioni e per mille giorni dettò la politica mondiale, fino al novembre del 1963, quando venne ucciso a Dallas. Quel giorno sentii un groppo in gola e, non so perché, mi tornarono in mente alcuni versi strazianti che un poeta spagnolo, Federico García Lorca, aveva scritto per la morte di un torero suo amico: «Canto la sua eleganza con parole che gemono e ricordo una brezza triste tra gli ulivi».

di Sveva Casati Modignani dal Corriere della Sera del 20 novembre 2013 Corriere della sera logo

L’America di quei tempi era lontana anni luce da quella che avrebbe imbastito lo scandalo Lewinsky che rischiò di travolgere Clinton. Tutti piansero la morte del grande uomo di Stato. Poi, dapprima in sordina, e in seguito con fracasso, partì la macchina del fango e vennero in superficie le molte debolezze che avevano costellato la vita del presidente. Anno dopo anno, spuntarono memoriali di donne con le quali il più affascinante uomo politico del mondo aveva ampiamente tradito Jacqueline Bouvier, prima e dopo il matrimonio. L’amante più famosa fu Marilyn Monroe, ma pare che ce ne siano state altre, una quantità esagerata, stando ai gossip che da cinquant’anni tracciano il profilo di un maschio insaziabile. Ma io non ci credo.

Parlano di una incontenibile libido causata dai molti farmaci, soprattutto ormoni, che gli venivano somministrati per contrastare il dolore che lo affliggeva da quando, durante un’azione di guerra nel Pacifico, Kennedy fu ferito alla colonna vertebrale. Un uomo qualsiasi avrebbe chiesto la pensione di invalidità e avrebbe vissuto su una sedia a rotelle. Ma lui non era un uomo qualsiasi. Era ricchissimo e, nascondendo la sofferenza fisica, si buttò in politica e si aggiudicò la poltrona della presidenza più prestigiosa del mondo. Dicono che la sua vita sia stata costellata da una sequenza ininterrotta di incontri sessuali con giovani donne di ogni ceto sociale, tutte bellissime, tutte innamorate di lui. Erano stagiste della Casa Bianca, attrici, cantanti, prostitute, signore del jet set, giornaliste, segretarie, amanti di boss della mafia, come Sam Giancana, amico di Frank Sinatra. Ma io non ci credo.

Dicono che al Carlyle Hotel si trastullasse con la bionda di Hollywood Angie Dickinson, quasi in contemporanea con la Monroe, la quale fece scandalo quando, durante un ricevimento per il suo compleanno, cantò con una voce carica di erotismo, «Happy Birthday, Mr. President». Dicono che la First Lady, abituata a tacere e far finta di niente, quella volta abbia affrontato l’attrice e, riferendosi al marito, le abbia detto: «Lo vuoi? Prenditelo, vieni al mio posto alla Casa Bianca, ma dovrai prenderti anche tutti i miei problemi». Marilyn morì pochi mesi dopo. A detta dei biografi, quella fu l’unica volta in cui Jacqueline si inalberò, perché di solito taceva, tenendo fede a un patto siglato con il suocero Joseph, in base al quale si impegnava a restare comunque e sempre accanto al presidente, avendo ricevuto in cambio un congruo compenso. Dicono pure che talvolta fosse lei a suggerire al marito quale fanciulla portarsi a letto e quale ignorare. Dicono che scherzasse con lui sulle due segretarie, soprannominate Fiddle e Faddle, cui il presidente dispensava i favori. Dicono che Jackie ingoiasse fiele soltanto quando lui si portava a letto le sue amiche. Altrimenti taceva e talvolta rincuorava la cognata Joan, che piangeva per le infedeltà del marito Ted, e che le dicesse: «Lascia perdere, tanto lo sai che i maschi di questa famiglia non sanno tenere chiusa la lampo dei pantaloni».

Dicono che, quando Jackie non c’era, di notte arrivassero alla Casa Bianca donne nascoste dentro il bagagliaio di un’auto e che il Presidente si intrattenesse con loro nei suoi uffici. Queste «consegne a domicilio» venivano rispedite al mittente nel giro di una manciata di minuti, giusto il tempo di scongiurare il mal di testa. Mentre altre duravano a lungo, come Pamela Turner, la avvenente addetta stampa di Jackie, che fu sua amante per tre anni. Tra le stagiste travolte dal fascino del giovane presidente, ci fu anche Mimi Beardsley Alford che ha scritto le sue memorie sui loro incontri, dichiarando che, alla fine, Kennedy amava una sola donna, sua moglie.
Sono trascorsi 50 anni dalla tragica fine di John Fitzgerald Kennedy e, ripensando a lui, che per me è stato un mito, ancora sussurro i versi di Federico García Lorca: «Tarderà molto a nascere, se nasce, un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura. Canto la sua eleganza con parole che gemono e ricordo una brezza triste tra gli ulivi».

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Storia in Rete n. 18

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