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La Francia scheda chi ha “avi schiavisti”

Il Centro nazionale per le ricerche ha sfornato un portale che, scavando negli archivi delle ex colonie, identifica i presunti eredi di trafficanti di uomini. La puzza di “cancel culture” si sente da lontano, però fioccano le sorprese: molti aguzzini erano neri

di Matteo Ghisalberti da La Verità del 19 maggio 2021

Il Centro nazionale per la ricerca scientifica francese (Cnrs) ha partorito un nuovo strumento di autoflagellazione per i nostri cugini d’Oltralpe: una banca dati su Internet contenente i nomi di proprietari di schiavi nelle ex colonie del fu impero francese. Il sito si chiama Esclavages & Indemintés (schiavitù e indennità, ndr) e funziona come un motore di ricerca che offre informazioni risalenti al 1825 e al 1849. Si tratta degli anni in cui entrarono in vigore due leggi. La prima fu quella approvata dal Senato della neonata repubblica di Haiti, ex colonia francese proclamatasi indipendente nel 1804.

Il testo prevedeva che gli haitiani affrancati pagassero un’indennità agli ex proprietari di schiavi sull’isola caraibica. La seconda norma invece, è quella con la quale l’impero francese ha abolito la schiavitù (per la seconda volta, ndr), al di là delle Alpi e in tutti i possedimenti coloniali di Parigi. Anche questa legge prevedeva un indennizzo per gli ex proprietari di schiavi, spogliati dei propri «beni». Le somme versate erano comprese tra i 72 e i 672 franchi d’oro per ogni schiavo. Secondo alcuni siti specializzati, un franco d’oro del 1850 valeva un po’ più di 3 euro. Se tale cambio fosse esatto, significherebbe che gli indennizzi potevano essere compresi tra circa 230 euro e quasi 2.200 euro.

Per ben due anni, il Cnrs ha raccolto, analizzato e ordinato migliaia di documenti attestanti il versamento di indennizzi a degli ex proprietari di schiavi, poi ha deciso di sbattere tutto su Internet, praticamente senza alcun filtro. In effetti, è relativamente difficile incrociare i dati contenuti nella banca dati con quelli consultabili nelle anagrafi francesi o magari su qualche sito specializzato in genealogia. L’iniziativa rischia quindi di diventare una potenziale polveriera, pronta ad esplodere alla prima rivendicazione dei movimenti indigenisti francesi o ispirati alla cancel culture americana. Inoltre non va dimenticato che in varie occasioni, il presidente francese Emmanuel Macron si è autoflagellato pubblicamente, scusandosi nei confronti dei giovani delle banlieue per le «violenze della polizia», o rispetto all’Algeria per «il grave sbaglio» della colonizzazione. L’iniziativa del Cnrs parte da una giusta aspirazione, quella di non dimenticare la pagina buia della schiavitù praticata dalla Francia definita per legge, proprio 20 anni fa, come un crimine contro l’umanità.

Tuttavia, il modo in cui è stata presenta la banca dati alimenta il sospetto che il lavoro dei ricercatori sia stato influenzato da ideologie care a varie formazioni politiche di sinistra e estrema sinistra francesi. D’altra parte il sito www.esclavage-indemnites.fr spiega che l’iniziativa si basa su «un approccio multidisciplinare» volto ad «alimentare il dibattito nella società con elementi scientifici». Tutto chiaro. Peccato che, in Francia e altrove, ci siano gruppi militanti più o meno estremisti, che sono in grado di ricorrere anche alla violenza per «alimentare il dibattito nella società». Inoltre, in Francia, si è perso il conto degli attacchi contro le forze dell’ordine, da parte di minoranze composte anche da persone originarie (anche) delle ex colonie di Parigi. Alcune forze di sinistra hanno giustificato questi attacchi o non li hanno condannati.

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In questo contesto, immaginiamoci cosa succederebbe se un presunto discendente da ex schiavi risalisse – a partire dalla banca dati del Cnrs – all’indirizzo di un altrettanto presunto pronipote di ex schiavisti. Lo strumento creato dal Centro sembra anche voler dare una maggiore visibilità a varie associazioni militanti. In effetti, sul sito c’è anche un planisfero interattivo che permette di scoprire la data di abolizione della schiavitù in vari Paesi. Grazie alla cartina si apprende che, di fatto, alcune nazioni del Sahel non hanno ancora abolito la schiavitù. Ma questo strumento online presenta anche una sorta di «pubblicità occulta,. a favore delle associazioni che si sono mosse per ottenere l’abolizione. Va detto però che il motore di ricerca ha permesso anche al Cnrs di realizzare alcune statistiche sorprendenti. Ad esempio, si è appreso che gli indennizzi non interessavano solo i «grandi proprietari» di schiavi. Secondo i ricercatori «oltre il 30% dei beneficiari erano persone di colore che possedevano qualche schiavo». Inoltre le attestazioni dì indennizzo potevano essere cedute come titoli di credito al portatore. Per questo, precisa il Cnrs, «si poteva essere detentori di tali titoli in quanto creditori, senza però aver posseduto degli schiavi». Infine, la banca dati mostra che molti dei proprietari erano delle donne.

Un altro fattore che suggerisce un atteggiamento ideologico da parte del Cnrs, è rappresentato dalla scelta di usare sul sito la cosiddetta «scrittura inclusiva» che elimina le differenze tra le declinazioni maschile e femminile.

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