HomeIn primo pianoSe l'espressione "crociato" diventa simbolo di vergogna

Se l’espressione “crociato” diventa simbolo di vergogna

Il ministro degli Esteri Gentiloni obbedisce ciecamente alla vulgata dei nemici della cristianità. Ma quei cavalieri rischiavano vita, soldi e prestigio grazie a una fede oggi inconcepibile

di Camillo Langone dal Giornale del 19 febbraio 2015 il Giornale, ultime notizie

«Non siamo crociati» dice il ministro Paolo Gentiloni. Purtroppo, dico io. Storicamente per farsi crociati bisognava avere molta fede, molta speranza e molto denaro: basta questo per escludere la possibilità che gli italiani di oggi, increduli, depressi e squattrinati, possano imbarcarsi in simili vaste operazioni.

«Intraprendete questo cammino in remissione dei vostri peccati», disse Papa Urbano II nel famoso appello di Clermont, rivolgendosi a una cristianità che in quel tempo al peccato ci credeva davvero, e capisco che la cosa sia difficile da comprendere per un tardo sessantottino come Gentiloni, cresciuto politicamente nel Movimento studentesco di Mario Capanna e poi nel Pdup, il Partito di unità proletaria, non so se mi spiego. Le crociate non furono quindi solo spedizioni militari ma anche espiazioni e pellegrinaggi. Pellegrinaggi armati, certo, perché allora, come del resto oggi, nelle terre sottomesse al Corano i cristiani rischiavano la pelle.

Qualche esempio: all’inizio dell’ottavo secolo sessanta pellegrini vennero crocefissi; pochi anni dopo uno dei soliti sciagurati califfi fece marchiare sulla mano tutti gli ebrei e tutti i cristiani di Gerusalemme, anticipando così la famigerata stella gialla di hitleriana memoria; la domenica delle Palme del 937 i musulmani distrussero le chiese del Calvario e della Resurrezione; eccetera. Libertà di religione, questa sconosciuta. Fra un bagno di sangue e l’altro, e quindi nei momenti in cui al potere c’erano i musulmani cosiddetti moderati, i cristiani venivano semplicemente taglieggiati, tartassati, forzati alla conversione, impossibilitati a trasmettere la fede ai propri figli. Robe così. Ho detto che i crociati erano animati da una fiducia in Cristo talmente forte da essere oggi inconcepibile non solo da un Gentiloni ma anche da un cattolico praticante medio, e poi dalla speranza di una ricompensa ultraterrena, e infine da una notevole capacità di spesa. Non c’erano voli low cost, il viaggio era lunghissimo e ognuno doveva armarsi a proprie spese: avete idea di quanto costasse un’armatura? Le corazze erano gli F-35 dell’epoca, altissima ed esosa tecnologia.

Goffredo di Buglione, che non era uno scalzacani bensì un potente signore feudale i cui possedimenti andavano dal Lussemburgo a Bruxelles, il cuore dell’odierna Europa atea e inerte, dovette vendere o più probabilmente svendere buona parte delle sue terre. Altro che occasione di arricchimento, per tanti partecipanti le crociate significarono la rovina economica. E pure politica: i pochi cavalieri che fecero ritorno in Europa, i pochi sopravvissuti ai disagi, alle malattie e alle scimitarre, si trovarono soppiantati nelle posizioni di potere dall’emergente borghesia urbana. Insomma i crociati erano dei nobili idealisti che difendevano, con i metodi spicci propri dell’epoca, i pellegrini e la libertà religiosa, eppure Gentiloni con loro non vuole mescolarsi. Io dico che, se fosse vivo, Riccardo Cuor di Leone non vorrebbe mescolarsi con lui. Il nostro ministro degli Esteri, cuor di renziano e quindi propenso ai machiavellismi più che agli eroismi, riguardo alla crisi libica ha detto alla Camera che «l’unica soluzione possibile è quella politica». Come dire che non c’è soluzione alcuna e che dobbiamo rassegnarci a venire invasi da Sud. Secondo lui dovremmo mediare, dialogare, negoziare: ma con chi? Per interloquire bisogna avere di fronte un interlocutore e in Libia gli interlocutori sono centomila e nessuno.

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Non c’è nemmeno un Saladino con cui tentare di venire a patti: solo bande di tagliagole barbuti e governicchi che non governano nemmeno le periferie delle città in cui hanno sede. E meno male che, secondo un collega piddino, il titolare della Farnesina è «uno sgobbone, uno che approfondisce i dossier fino all’ultima pagina». Pare fosse studiosissimo anche ai tempi della scuola, del prestigioso liceo Tasso e della Sapienza, ma i libri non bisogna soltanto leggerli e magari ripeterli a pappagallo il giorno dell’esame, bisogna anche capirli. Un ministro europeo non dovrebbe aderire così ciecamente, così masochisticamente alla vulgata antieuropea del nostro nemico. Qualcuno dovrebbe avvisarlo che nel XII secolo lo scrittore musulmano Ibn Jubayr osservò che i musulmani preferivano vivere nelle terre amministrate dai crociati piuttosto che nei vari califfati: proprio come oggi molti musulmani preferiscono vivere nella civile Europa anziché in Siria o in Irak. La smettesse di vituperare qualcosa che non conosce, Gentiloni, e comunque si rassicuri: no, noi non siamo crociati, non siamo degni delle Crociate noi.

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