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Troia? non è dove Schliemann dice d’averla trovata

Sulla collina di Hissarlik, Troia non c’è più. Più esattamente: la Troia di Priamo, Elena e Paride, cantata da Omero nell’Iliade, ritrovata per avventura (e ipotesi) da Heinrich Schliemann due millenni e mezzo dopo, non c’è mai stata – almeno allo stato attuale dei ritrovamenti archeologici. Ha pochi dubbi, Frank Kolb, storico dell’antichità e professore all’università tedesca di Tübingen, la stessa in cui ha sede il Projekt Troia, che da anni è la centrale degli scavi e degli studi nel sito di Hissarlik, a ridosso della costa turca, nell’Ellesponto, a Sud dello stretto dei Dardanelli. «Se vogliamo, chiamiamola pure Troia. Però nessuno degli insediamenti che si sono succeduti a Hissarlik ha le caratteristiche di una città. Si può parlare al massimo di una fortezza che dominava una vasta area rurale. Ma nulla fa pensare a un importante centro commerciale o a una civiltà autonoma, come hanno sostenuto generazioni di archeologi, amplificando i risultati degli scavi».
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Fabio Sindici su “La Stampa” del 31 gennaio 2010
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Da vent’anni Kolb è impegnato nello smontare il doppio mito di Troia: quello della sostanza storica dei poemi omerici, e quello archeologico, iniziato quando Schliemann disseppellì il cosiddetto «Tesoro di Priamo» e dichiarò di aver ritrovato l’antica Ilio. Ora lo studioso tedesco tira le fila in un libro di prossima pubblicazione, dal titolo che promette già battaglie culturali: Troia, scena di un giallo. Politica, miti, storia e pseudo-scoperte (edito da Schoenigh). Kolb appare come l’anti-Schliemann, gloria dell’archeologia tedesca. Rimette le lancette della storia a prima del 1872, quando l’archeologo dilettante di Neubekow, usando i testi omerici come traccia e seguendo le indicazioni pratiche dell’inglese Frank Calvert, iniziò a scavare i nove strati, tra i quali indovinò la guerra di Achille e le porte sotto assedio, «folte di cavalli e di fanti».

Schliemann pensava che uno degli strati più antichi, quello oggi chiamato Troia II (2550- 2250 a.C.), in cui venne trovato il famoso tesoro, corrispondesse alla città dell’Iliade. Il suo successore agli scavi, Wilhelm Doerpfeld, che invece era un archeologo professionista, spostò la Troia omerica quasi un millennio più avanti, nella tarda età del bronzo. Manfred Korfmann, che ha diretto gli scavi a Hissarlik fino alla sua morte nel 2005, aveva individuato Ilio nelle rovine dell’inizio del XII secolo, che mostrano tracce di un assedio. È più o meno l’epoca in cui molti storici della Grecia classica, come Tucidide, situano la guerra di Troia. Insomma: la storia incontrava il mito. Frank Kolb li separa di nuovo. «Il punto è che sono state orchestrate molte mistificazioni, allo scopo di ottenere finanziamenti. Un fossato che serviva probabilmente al drenaggio delle acque è stato fatto passare per un’opera difensiva, ma non sono mai state trovate tracce di vere fortificazioni. Un muro di cinta sembra non essere più della copertura di una fognatura. Fuori dalla cittadella, che accoglieva solo torri e alcuni palazzi di aristocratici, non sono mai state scavate più di dieci case. Dove vivevano i novemila abitanti ipotizzati da Korfmann? Inoltre, che l’ipotetica Troia del 1190 a.C. sia stata distrutta da nemici è solo una possibilità. E non esiste nessuna prova che sia stata attaccata da una federazione di micenei» spiega lo studioso.

Oggi, molti archeologi, anche all’interno del Projekt Troia, hanno accolto le critiche di Kolb. Eppure Hissarlik continua a essere un luogo di misteri. La Troia più antica, quella di 4.500 anni fa, ha mura con porte gigantesche; un maestoso megaron, uno dei primi esempi nel Mediterraneo di questo tipo di costruzioni con un vestibolo a padiglione; e il «tesoro di Priamo» somiglia molto a un altro, analogo, ritrovato nell’isolotto di Mochlos, al largo di Creta. «Troia II era un piccolo insediamento, molto ricco grazie alle miniere d’oro della zona. Anche qui ci sono dei “falsi”. Un tratto di palizzata nella ricostruzione degli archeologi diventa una cinta difensiva dell’abitato fuori dalla cittadella. Ma ha tutta l’aria di uno steccato per il bestiame. Il sito non ha importanza strategica o militare perché le navi di quell’epoca non erano in grado di navigare fino al Mar Nero» replica Kolb.

Chi erano allora gli abitanti di Hissarlik? E da dove viene il mito? Recentemente, la Ilio greca è stata avvicinata alla Wilusa di cui parlano documenti diplomatici ittiti, città alleata e vassalla dell’impero di Hattusa. «Non sappiamo l’origine etnica delle genti che vivevano a Hissarlik. La cultura sembra una miscela di elementi nord-egei e anatolici. L’identificazione con Wilusa è stata rigettata dagli ultimi studi. Che la situano più a Sud, in Frigia. Ilio è un nome greco. Il mito nasce nel X secolo, durante l’emigrazione di popoli eolici nell’Ellesponto, che volevano nobilitare la loro colonizzazione. Rimangono impressionati dai resti della cittadella, e vi spostano una memoria storica più antica. Personalmente, credo che sia la spedizione dei micenei a Creta nel XIV secolo, che mette fine alla potenza della civiltà minoica». Altri studiosi suppongono invece che le origini della leggenda vadano rintracciate sul delta del Nilo, dove un’armata dei popoli del mare, tra cui gli Ekwes, come gli Egiziani chiamavano gli Achei, combatté contro l’esercito del faraone Ramses III. Lo stesso Omero, nell’Odissea, fa raccontare a Menelao di una sosta della flotta achea in Egitto, di ritorno da Troia. Ricerche recenti retrodatano i primi commerci tra il Mediterraneo e le coste del Mar Nero al terzo millennio prima di Cristo. Troia si sarebbe trovata sulla via dello stagno, che insieme al rame serviva per la lega di bronzo. In quel caso, Ilio tornerebbe a essere un fulcro dei commerci nell’antichità. Sulla collina di Hissarlik, il mito continua a giocare a nascondino con la storia.

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Inserito su www.storiainrete.com il 4 febbraio 2010
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